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Sono trascorsi quasi 80 anni da quando la Costituzione Italiana ha stabilito il diritto dei lavoratori a partecipare alla gestione delle loro imprese. Un diritto di straordinaria importanza per realizzare migliori condizioni economiche e sociali per i lavoratori dipendenti, ma un diritto rimasto finora inattuato ed inattuabile per la mancanza di una legge che ne stabilisse i limiti ed il metodo. Ebbene, finalmente, il 14 maggio 2025 il Parlamento ha approvato questa legge e ha aperto la strada alla possibilità di un modo nuovo di lavorare e gestire le imprese. Si potrebbe dire, 80 anni persi. Da ora in poi 80 anni da cercare di recuperare nell’interesse dei lavoratori e delle imprese. Sono proprio queste ultime che, soprattutto con la collaborazione dei dipendenti, potrebbero affrontare meglio le trasformazioni tecnologiche e realizzare una migliore organizzazione del lavoro. Ad esse conviene, coinvolgere, informare, responsabilizzare operai, impiegati, dirigenti. Parimenti, per questi ultimi potrebbero aprirsi le porte – finora chiuse – dei luoghi dove si decide del loro futuro professionale, occupazionale e salariale. Servirà innanzitutto uno sforzo per un cambio di mentalità da parte dei protagonisti delle relazioni in azienda, Sindacati e rappresentanti dell’Impresa. Il modello di relazioni dominante e consolidato nel tempo è e rimane quello della vertenza, del conflitto, dello sciopero. Questo modello prevalentemente conflittuale non ha portato buoni risultati se si considera che l’Italia soffre di bassi livelli salariali, di insufficiente produttività e di un grave gap di condizioni tra nord e Sud.
La via della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese potrebbe interessare particolarmente un territorio come il nostro, l’Alto Adige/Südtirol, e dare risposte adatte alle esigenze del mondo del lavoro locale.
La presenza di medie imprese, stabilmente inserite nel contesto culturale ed economico-sociale, potrebbe essere una buona base di partenza per sperimentare forme nuove di partecipazione. Non a caso è proprio la lingua tedesca ad offrire la terminologia della collaborazione capitale-lavoro: Mitbestimmung, Sozialpartnerschaft, oltre al grande patrimonio di esperienza del mondo cooperativo con l’autogestione e con il workers buyout (rilevazione dell’impresa da parte dei dipendenti).
Pur in mezzo a tante altre notizie negative, lo scorso !4 maggio è successo qualcosa di molto importante e di positivo per il mondo del lavoro, si sono aperte nuove possibilità per lavoratori e imprese. Pochi se ne sono accorti e ancor meno ne hanno diffuso la conoscenza.
Good news, no news?
Articolo 46 della Costituzione:
“Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro ed in armonia con le esigenze della produzione, la repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”
(www.albertostenico.it)
Sono 5784 i “Patentini” di bi/trilinguismo rilasciati nel 2024 in provincia di Bolzano. Dentro questo numero ci sono 5784 persone che si sono impegnate per conoscere la lingua del proprio vicino, Tedesco o Italiano che sia. Essi hanno faticato, perché nessuno nasce “imparato”, nessuno nasce bilingue: bilingui si diventa. Hanno superato con successo un esame introdotto nel 1976, come obbligatorio per tutte le persone che intendono essere impiegate nei servizi pubblici della provincia autonoma di Bolzano. Esse dovranno garantire a tutti gli utenti dei servizi, il diritto all’uso della propria lingua italiana o tedesca o ladina. Un principio fondamentale della convivenza pacifica in un territorio come il nostro, dove sono presenti a pieno diritto persone di lingue diverse. Read More
GO!2025, Gorizia-Nova Gorica, Capitale Europea della Cultura: perché non andare a scoprirla? Una sana curiosità, ancor più per chi parte da un territorio altrettanto plurale come l’Alto Adige/Südtirol. Il confine Nord-Est dell’Italia, in questo caso quello che va da Trieste a Gorizia, è un territorio tanto citato, quanto superficialmente conosciuto. Ai riferimenti storici dei programmi delle scuole italiane, si sovrappongono ora le promozioni turistiche per il meraviglioso mare e per il suo entroterra, ma della storia di questo confine se ne sa poco. Read More
Per il nostro territorio, l’Autonomia è considerata come un aspetto stabile e definitivo del “paesaggio”. Dire Alto Adige, dire Südtirol vuol dire quasi automaticamente dire Autonomia. Così almeno la si pensa come abitanti della provincia, ma ormai anche sempre di più anche come cittadini italiani ed europei. Là, in provincia di Bolzano, ci sono regole speciali e diverse, si pensa. In effetti è proprio così e anche grazie a ciò, la società locale ha potuto presidiare le proprie strutture amministrative ed economiche. Si potrebbe dire “Padroni di casa nostra”, dopo le tormentate vicende storiche del passato quando il territorio era stato privato del diritto ad auto-governarsi. Read More
L’anno della grande svolta è stato il 1972, quando è entrato in vigore il nuovo Statuto di Autonomia. Fino ad allora, le scelte riguardanti le politiche sociali per il nostro territorio, erano di competenza dello Stato o della Regione. Dal 1972 toccava alla provincia Autonoma di Bolzano organizzare i servizi sociali per i propri abitanti. Lo Statuto le assegnava infatti la competenza primaria per l’”assistenza e la beneficenza pubblica” e per l’”edilizia comunque sovvenzionata,, e inoltre la competenza secondaria per l’”igiene e sanità”, e non solo. Iniziava così una nuova era, l’inizio nella costruzione di un percorso che puntava ad aumentare la sicurezza sociale dei cittadini. A lavorare con impegno ed entusiasmo in questo cantiere, c’erano le forze sociali e politiche autonomistiche, così come una nuova generazione di funzionari pubblici preparati e motivati.
In un tempo sorprendentemente breve ed in un clima di concreta collaborazione tra Stato, Regione e Provincia, sono state approvate norme fondamentali quali primi passi del nostro sistema provinciale di prestazioni sociali. Già nel 1973, norme per l’assistenza di base, a favore delle persone disabili, misure per gli anziani, norme sui contributi.
Nel 1974, asili nido, assistenza ai bambini, figli naturali, nel 1975, ancora assistenza di base, la creazione di fondi specifici, invalidi civili, la cooperazione, igiene e salute, fondo pensione, minori soggetti a procedimenti giudiziari, e via, via a ritmo serrato.
Una vera e propria “primavera” dell’Autonomia nel settore sociale, proseguita poi negli anni successivi con una copiosa legislazione e con robusti finanziamenti dal proprio bilancio. Era finalmente possibile reagire a specifici problemi della popolazione altoatesina, facendo riferimento al contesto socio-economico ed etnico locale, definendo priorità e modalità, ancorché nei limiti stabiliti nello Statuto.
In questi nuovi grandi spazi aperti dal 1972 in poi, si è esercitata la creatività e l’innovazione necessaria per stare al passo coi tempi e con le trasformazioni della società. Per fare questo, la Provincia ha potuto guardare sia a Nord che a Sud del Brennero, scegliendo gli esempi migliori nel campo della legislazione sociale.
Dall’Italia il tema della Psichiatria, la Riforma Sanitaria, l’Integrazione delle persone con disabilità,
dalla Germania il Minimo Vitale (Grundsicherung),
dalla Germania e dall’Austria, la Famiglia, le prestazioni per la Famiglia, l’anticipo dell’assegno di mantenimento (Unterhaltsvorschuss),
dalla Germania, Austria, Lussemburgo le prestazioni per la non autosufficienza (Pflegesicherung).
Con l’Autonomia si sono potute anticipare scelte specifiche ed innovative come, per esempio, quella della Previdenza Complementare (Pensplan), della Cooperazione Sociale (legge regionale del 1988), dell’assistenza all’infanzia anche tramite le Tagesmütter.
Si è trattato di un raccordo continuo tra competenze a livello provinciale, regionale, nazionale ed europeo, ma con la massima attenzione alle caratteristiche specifiche del nostro territorio.
A favorire lo sviluppo in questi primi 50 dell’Autonomia Sociale, ha contribuito certamente la convivenza pacifica tra i diversi gruppi etnici, conseguente all’approvazione dello Statuto nel 1972. Non si sono verificate tensioni neppure nella ripartizione proporzionale dei mezzi a disposizione per il settore sociale, se non forse per l’edilizia sovvenzionata.
Il fatto ulteriormente decisivo per la gestione comune interetnica delle politiche sociali è stata la qualità degli assessori che si sono succeduti nell’incarico: primo fra tutti, protagonista della “primavera” dell’Autonomia Sociale, è stato l’avv. Armando Bertorelle.
Le nuove emergenze sociali impongono ora di attuare nuove politiche all’altezza dei tempi: con lo spirito dei precursori e con la ferma volontà di rafforzare con coerenza e determinazione la nostra Autonomia Sociale che saputo dare risultati così importanti per tutta la popolazione.