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Ci sarà pure una ragione se, cercando soluzioni per i grandi conflitti, si guarda spesso all’esperienza altoatesina. La ragione sta nel fatto che nella nostra provincia la linea della mediazione e della pacificazione ha concretamente funzionato e dà buoni frutti. Naturale quindi che qualcuno riproponga il nostro modello ad altri territori in conflitto. La storia, però, non si ripete mai uguale perché le condizioni, le persone coinvolte e il contesto sociale e culturale sono diversi. Il nostro modello di autonomia e co-esistenza pacifica tra popolazioni diverse non è esportabile così com’è, figlio della nostra storia. Tuttavia in esso si possono riscontrare caratteristiche che sono generali e che si ritrovano anche in altre realtà.
In questi giorni, ad esempio, si intensifica, l’attenzione internazionale sulla possibile auspicata conclusione della guerra in Ucraina con il raggiungimento di condizioni di pace e garanzie di sicurezza. Ecco ricomparire il riferimento all’Alto Adige/Südtirol ed ai suoi partners Italia ed Austria. La sicurezza delle popolazioni di quell’area, si dice, potrebbe essere rafforzata dall’ ingresso immediato dell’Ucraina nella Unione Europea, con procedura ex post, ripetendo però come per l’ Austria due condizioni vincolanti e cioè la sua neutralità militare permanente e l’impegno ad applicare i diritti per le minoranze etniche e linguistiche presenti sul suo territorio, vedi accordo Degasperi Gruber del 1946.
Ci risiamo, si parla di noi e della nostra storia di successo, ma ciò rimane insignificante se l’Italia, l’Austria, ma soprattutto l’Europa non valorizzano questa nostra esperienza sul piano internazionale e nel confronto con gli interlocutori. Per indicare sbocchi e vie d’uscita concrete per il futuro delle popolazioni e dei Paesi martoriati da questa guerra.
Non siamo l’ombelico del mondo, siamo piccoli, ma possiamo mettere a disposizione il nostro grande patrimonio di convivenza per chi opera per il superamento dei conflitti.