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Chi l’avrebbe mai detto? Dopo anni di esibiti diffusi sentimenti di discredito e disprezzo per i “politici” e la “politica”, ci sono in questi giorni migliaia di cittadini disposti a candidare per le elezioni comunali. Ne sono ammirato. Molti di loro diventeranno consiglieri comunali, alcuni di loro sindaci e assessori. Per certuni ci sarà la delusione per le poche preferenze ricevute. Quasi tutti metteranno a disposizione parte del proprio tempo libero e forse dovranno aprire il proprio portafoglio per finaziarsi la campagna elettorale…I privilegi dei politici comunali, sono più leggenda che realtà; di certo per loro c’è l’assunzione di responsabilità con i rischi connessi. Il Covid ha ridotto inoltre tempi e modi della campagna elettorale, rendendola ancor più difficile. Che dire: per fortuna ci sono ancora queste persone le quali ci confermano che la politica e la democrazia sono vive. E dopo il 23 settembre comincerà una nuova stagione per la le nostre amministrazioni locali. E non sarà l’autunno.
(www.albertostenico.it)
“Walsche Milch”, “Walsche Firma aus Süditalien”, questi i titoli dei giornali sudtirolesi di fronte ai sorprendenti risultati di due recenti significative gare d’appalto. Per la fornitura del latte alle scuole ed agli ospedali della provincia di Bolzano, vince un fornitore della Lombardia e per il servizio di trasporto alunni una ditta della Puglia. Proteste dei concorrenti locali “spiazzati” e di una buona parte dell’opinione pubblica ed Enti Pubblici accusati di non difendere a sufficienza l’economia locale. Per rinvigorire le critiche, si è utilizzata quella parola, “Walsch”, un attributo dispregiativo che stigmatizza ancor più i fornitori italiani. Anche quello della concorrenza e delle sue regole, diventa in provincia di Bolzano un tema etnico. Read More
Scusa è una delle parole più difficili da pronunciare. Lo sappiamo anche dalla nostra vita privata. Tanto più in quella pubblica dove prevale la ragion di Stato, l’orgoglio nazionale o etnico, l’onore da salvare. Gli errori fatti, le offese provocate, volentieri si rimuovono e si dimenticano. Ma le cose cominciano a cambiare e speriamo si continui così, sapendo di dover mettere in conto l’impopolarità che i gesti di scusa provocano tra le “prorie fila”. Nella mia memoria rimane impresso il gesto spontaneo, la genuflessione, di Willy Brandt nel 1970 a Varsavia, davanti al monumento a ricordo delle vittime del ghetto ebraico. Lui, che il nazismo l’aveva subito, chiedeva scusa per gli orrori del nazismo. Altrettanto starordinaria fu la decisione di Nelson Mandela che, alla fine dell’Apartheid in Sudafrica, anzichè animare lo spirito di vendetta verso i bianchi per i soprusi subiti dai neri, istituì il Tribunale per la verità e la riconciliazione, che pretendeva dagli imputati il riconoscimento della propria colpa , una “scusa pubblica” per poi concedere loro l’amnistia. Papa Francesco ha saputo affrontare il terribile tema degli abusi sessuali sui minori nella Chiesa, chiedendo innanzitutto scusa. pubblicamente. Read More
Ci sono voluti 48 anni perchè la SVP (Südtiroler Volkspartei) si fidasse di affidare ad una persona di lingua italiana la Presidenza dell’Ipes (Istituto per l’edilizia sociale). Nel 1972, appena trasferita la competenza per l’edilizia sociale dallo Stato alla Provincia, i Presidenti dell’Istituto sono stati regolarmente reclutati nelle fila della SVP ed in particolare nella corrente degli Arbeitnehmer (i lavoratori): Karl Ferrari, Rosa Franzelin-Werth, Albert Pürgstaller, Konrad Pfitscher, Heiner Schweigkofler. Quando assunse la presidenza Karl Ferrari dopo la gestione statale (commissariale) dell’Istituto, l’Ipes (già Ipeaa) possedeva 4391 alloggi, concentrati a Bolzano, e l’89,6% erano occupati da inquilini di lingua italiana, il 10,2% di lingua tedesca e lo 0,2 ladina. Lo Statuto di Autonomia del 1972 aveva introdotto il principio della assegnazione degli alloggi secondo la proporzionale tra i gruppi (70% ted. 26% it., 4% lad.). Read More
“Lo Stato non è una mucca da mungere” era incredibilmente (per me) il testo di un manifesto appeso dietro la scrivania del sindacalista che stavo incontrando anni fa ad Innsbruck. Una frase come quella – “der Staat ist keine Kuh die man melken darf” – suonava e suona tutt’ora poco rivendicativa di migliori condizioni per i lavoratori. Non certo uno slogan accattivante e di facile presa, ho pensato io quella volta. Lo ripenso oggi perchè il Coronavirus ha reso necessari molti nuovi provvedimenti a carico dello Stato (o della Provincia), ma nessuno ci spiega come essi saranno finanziati. O forse interessa poco saperlo: l’impressione che si coltiva è che sarà qualche Ente Superiore a provvedere. Al momento è più facile annunciare ed ascoltare le nuove facilitazioni in arrivo. La domanda e la risposta sul “chi paga” non è presente.
Ripenso ora con più cognizione di causa alla frase di quel manifesto: il bilancio pubblico diventa prima o poi anche il bilancio privato delle famiglie ed in particolare di quelle che vivono di reddito da lavoro. Il deficit di bilancio lo pagheranno loro. Prima o poi.
(www.albertostenico.it)