Alberto Stenico

Oltre il lavoro “socialmente utile”

Wednesday , 31, August 2016 Lascia un commento

Quella di lavoro “socialmente utile” è una definizione ambigua, che non richiama solo valutazioni positive, anzi. La sensazione è che si tratti di un’attività comunque assistita, di basso contenuto professionale e, perchè no, anche un pò coatta.

Del resto il lavoro socialmente utile, citato anche tra le sanzioni comminate dal Tribunale dell’Inquisizione, viene ancora previsto nel nostro Codice Penale come una pena alternativa alla detenzione. È comunque ancora diffuso nei progetti per l’impiego dei disoccupati di lunga durata o di determinati gruppi di persone svantaggiate. Ora viene proposta anche come forma di integrazione per i profughi ospitati nei centri di accoglienza. Sará la strada giusta? Io penso di no. Innanzitutto perchè tutto il lavoro onesto e legale è “socialmente utile”: infatti esso assicura a chi lo svolge il reddito ed alla comunità, gli effetti positivi. Nel caso dei giovani profughi/immigrati e per la loro integrazione serve il confronto con un lavoro “vero”, produttivo, contrattualizzato e retribuito. Solo così si imbocca la strada verso la propria autonomia e la la propria responsabilità sociale. Il contrario di rimanere parcheggiati per anni nel limbo dei centri di accoglienza. La sfida è culturale e richiede alla comunità locale l’accettazione di nuovi concorrenti nel mercato del lavoro, l’auspicabile riconoscimento di titoli di studio esteri, l’ammissibilità di stranieri anche nel Pubblico Impiego, come nel Privato. Ai profughi/immigrati richiede il coraggio di lasciare l’area dell’assistenza e guadagnarsi con il lavoro il reddito per il proprio sostentamento. Una soluzione difficile? Certo sì, ma senza alternative. E anche urgente: ogni giorno gli sbarchi continuano….!
(www.albertostenico.it)

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